a cura di Oriano Bertoloni redazione Terza Pagina Magazine

Nel 1988 Bologna ospitò una grande retrospettiva di Guido Reni. Amato nel Seicento e nei due secoli successivi, fu emarginato nel Novecento. Uno dei motivi fu probabilmente l’uso eccessivo di alcune immagini tratte dai suoi dipinti più emozionali ad uso di santini ed altri simboli votivi. In realtà, l’esposizione emiliana mise in luce la forza di un vero artista, schiacciato tra l’ineguagliabile potenza innovativa di Caravaggio e uno dei precursori del Realismo, il suo concittadino Annibale Carracci.

Il Barocco, in cui il Reni cercò un suo autonomo posizionamento, non gli era totalmente congeniale. Amava Perugino e Raffaello, e la luce (vista da Caravaggio come uno strumento di evoluzione politica e trasgressiva della pittura) per l’artista bolognese significava evocazione dell’anima, proiezione del messaggio divino. Non sfidò la Chiesa con le sue opere, ne esaltò lo spirito ma non la potenza temporale. Nel 1954 Cesare Gnudi, tra i primi a “riabilitare” Reni, scrisse: “Fra il suo ideale di bellezza e il suo sentimento religioso già assestato in una quieta e accomodante Pietà, egli non sentì forse mai un vero contrasto”. 

Alla Galleria Borghese una mostra, inaugurata ai primi di marzo, offre una rara occasione di vedere alcuni dei suoi capolavori inseriti all’interno del percorso museale. “David con la testa di Golia” è posta a poca distanza dall’omonima opera di Caravaggio: si possono verificare gli spunti comuni ma anche le reali differenze. E’ impagabile vedere Canova e Bernini dialogare con la “Strage degli Innocenti” e “Lot e le figlie Atalanta e Ippomene”. Lo splendido “Gli apostoli Pietro e Paolo”, che ricorda Caravaggio, è la riprova di quanto lo stile tra i due sia profondamente lontano: per il lombardo sempre tendente al dramma, per il bolognese più spirituale ed enigmatico. In questa occasione egli è, a pieno titolo, inserito come un grande tra i giganti che il museo vanta. Tema dell’esposizione è “Il Sacro e la natura”. L’idea parte dalla recente acquisizione, da parte della Galleria Borghese di una rara opera di Reni, dal titolo “Danza campestre”. E’ un aspetto poco conosciuto di colui che privilegiò temi religiosi e classici. Una intera sezione analizza, insieme ad opere di artisti più orientati verso i temi che includessero paesaggi ed armonie bucoliche, l’approccio che ne ebbe il pittore. Tra le opere in mostra: “Festa campestre” di Agostino Carracci e alcuni paesaggi di Paul Bril, di proprietà della Galleria Borghese.

Per chi volesse cogliere l’occasione per arricchire la visita, è’ stato recentemente restaurato “L’Aurora Pallavicini” del Reni. E’ un famoso affresco che è visibile, dietro prenotazione, nel Casino dell’Aurora, a poca distanza dalla Galleria Borghese.

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