In occasione del centenario della nascita dell’artista trapanese (1924), il Palazzo delle
Esposizioni di Roma le dedica la più ampia retrospettiva mai realizzata. E’ stata una scelta
doverosa e necessaria. Protagonista non secondaria del panorama creativo nazionale, si è
spesso sottovalutato il suo ruolo di astrattista non allineata alle correnti più estreme.


Lasciò l’amata Sicilia giovanissima, per andare a studiare all’Accademia di Firenze e proseguire
gli studi a Roma, dove visse fino alla sua morte nel 2014. In una intervista, raccontava quanto
fosse faticoso per lei resistere alle richieste degli insegnanti, che pretendevano un suo impegno
nel campo figurativo. Ella apprezzava i grandi del passato, ma era irresistibilmente attratta dai
movimenti innovativi del Novecento, a partire dai Futuristi. Amava soprattutto gli Astrattisti, con
Kandinskij come faro illuminante. Per questo fondò il gruppo “Forma1, nel 1947, con un presa di
posizione netta e senza rimpianti. Nel 1953, introdusse nella sua esplorazione creativa i “Segni
Pseudo Calligrafici” che diventarono una sorta di marchio del suo stile, quasi anticipando le
icone grafiche di pittori Pop come Wharol ed Haring. Bisogna sempre tenere presente, quando
si parla della Accardi, la sua volontà di rendere ogni lavoro armonico ed attraente, pur in un
contesto mai scontato e lezioso. Ella ha detto: “Nel segno femminile c’è qualcosa che non
sempre viene compreso.” Qui sta la chiave interpretativa della più grande pittrice italiana del
Novecento. Aveva una sincera ammirazione per Artemia Gentileschi, artista seicentesca
straordinaria. Donna che subì violenze maschili, simili a quelle che riportano le cronache
odierne ma i cui dipinti sono affascinanti, dolci anche nei temi più drammatici, di altissima
qualità. Lo stile italiano “muliebre” ha avuto in lei l’artefice fondamentale.
La Accardi sperimentò molto, non volendo essere ripetitiva. Con l’uso del Sicofoil, tipo di
plastica semirigida, su cui è possibile dipingere, dedicò parte della sua produzione a quadri e
sculture trasparenti. E’ possibile vederne diversi esempi nella grande mostra, che ha un
opportuno percorso cronologico. Dopo la produzione dichiaratamente astrattista si cimentò in
opere più essenziali, che alla Biennale del 1976 Sezione “Ambient Art” furono definite “Informali”
e molto vicine allo stile dell’Arte Povera”. Nel 1980 tornò alla pittura su tela, sviluppando per
alcuni anni un uso del colore forte ma sempre armonico nei contrasti. Nel 1994 fu invitata alla
mostra al Guggenheim di New York, intitolata “Italia Metamorfosi”, insieme ai più importanti
artisti contemporanei, riconoscendole un ruolo fondamentale come donna ma soprattutto come
creativa ed innovatrice.

Al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Aperta fino al 9 giugno 2024

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